Narciso era figlio di Cefiso e della ninfa Liriope. La madre di Narciso, secondo il mito di Ovidio, quando egli era piccolo, interrogò un famoso indovino di nome Tiresia per conoscere il futuro del figlio.
In particolare gli chiese se il bambino avrebbe visto la vecchiaia. L’indovino rispose con parole che allora suonarono ambigue: “Soltanto se non conoscerà sé stesso”.
Narciso era di una bellezza impressionante. S’innamoravano di lui fanciulle e ragazzi che lui puntualmente sdegnava: non si lasciava amare da nessuno. Un giorno mentre era a caccia di cervi nel bosco, com’era solito fare, incontrò Eco, una ninfa dei boschi.
Eco aveva la particolarità di non poter parlare e rispondere come più preferiva, ma di poter solo pronunciare le ultime parole altrui. Per colpa di Giunone che accusò Eco di aver cercato di distrarla con molte chiacchiere mentre il suo compagno, Giove, il re dell’Olimpo, s’intratteneva con alcune ninfe.
Anche Eco rimane vittima della bellezza di Narciso. Ma nel mito di Narciso il giovane la rifiuta ed Eco lo insegue con ancor più desiderio. E più lui scappa, più lei gli tiene dietro.
Eco però a un certo punto è sfinita, e cominciano a mancarle le forze. Eco comincia a dissolversi nel vento, inizia a perdere peso piano piano fino a che di lei non rimane più nulla a parte la voce.
Successivamente un’altra amante rifiutata da Narciso chiede alla dea della vendetta Nemesi di vendicarsi e di far innamorare il bel giovane di sé stesso. La dea acconsente, e così Narciso, specchiandosi in una fonte, diventa vittima del proprio fascino e cerca ovviamente invano di abbracciare la propria immagine riflessa.
Narciso si consuma lentamente fino a morire ucciso da questo amore irraggiungibile e ciò che resta di lui è il fiore omonimo: il narciso.
“Vincenzo Gemito dedica questa spettacolare scultura a Narciso: affascinante, seducente e preziosissima vi attende a Sculptura 2025 in LONGARI arte MILANO dall’8 al 16 febbraio
Vincenzo Gemito – afferma lo storico dell’Arte Bellenger – a Napoli assume le dimensioni di un mito, di una grande figura della leggenda, non nera e ossessiva come quella di Caravaggio, ma tenera, a cui i napoletani si sono affezionati. Un sentimento che nasce dall’ammirazione e dall’indulgenza verso il figliol prodigo, il ragazzo di strada.
Gemito fu uno scugnizzo, “il Gavroche dei francesi”.
VINCENZO GEMITO
(Napoli 1852 – 1929)
Narciso
Bronzo a patina scura, cm 62.5 x Ø 25
Firmato sulla base “Gemito”
Dedica sulla base: “Eseguito per Sua Sig.ria Il Conte Uberto Ludolf, Napoli 1886”
Timbro sulla base: PROPRIETÀ ARTISTICA numerato 38