ANTONIO BALESTRA. Venere e Ippomene, ATTILIO CECCHETTO ANTIQUARIO, DIPINTO DI ECCEZIONALE BELLEZZA che raffigura VENERE, CUPIDO ED IPPOMENE.
Ippomene è un Eroe beotico, figlio di Megareo (o di Ares il dio della guerra) e di Merope. La bella Atalante (v.), beotica di Scheno, aveva posto come condizione agli aspiranti alle sue nozze che la dovessero prima vincere alla corsa, nella quale essa era velocissima.
Gli sconfitti dovevano essere messi a morte. Il gran numero dei pretendenti tragicamente finiti non valse a distogliere dalla prova l’innamorato, il quale invocò tuttavia, prima di presentarsi al cimento, l’aiuto di Afrodite, che gli donò tre pomi d’oro colti nel giardino delle Esperidi o in quello di Afrodite stessa in Cipro.
Durante la gara, quando sarebbe stato in pericolo di venir sorpassato da Atalante, doveva lanciare uno dei tre magici pomi; la fanciulla, irresistibilmente attratta, si sarebbe indugiata un istante a raccoglierlo, e Ippomene avrebbe potuto frattanto distanziarla.
E così avvenne, con grande soddisfazione, del resto, anche di Atalante, che s’era pur essa accesa del bellissimo giovane.
Ma questi nella sua felicità dimenticò di offrire sacrifizî di ringraziamento ad Afrodite, la quale, adirata, allorché i giovani sposi nel viaggio verso Onchesto si trovarono ad attraversare un boschetto sacro a Cibele, li indusse a violarne coi loro trasporti d’amore la santità sicché Cibele indignata li cambiò in leoni che aggiogò al proprio cocchio.
La fonte letteraria più cospicua della leggenda è rappresentata da Ovidio, Metamorfosi, X, vv. 560-704. Nella letteratura italiana è nota la gustosa imitazione che della leggenda fece il Boiardo nell’episodio di Folderico (Orlando Innamorato, parte 1ª, canti XXI e XXII).
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